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L’onda più temuta del mondo

londa-piu-temuta-del-mondoEntrare nel tubo di Teahupoo è un sogno per ogni surfista. Uscire sano e salvo da questa onda tahitiana è un’altra cosa.

Rappresenta la “hall of fame” di ogni surfista. L’onda sinistra più pericolosa, un’attrazione irresistibile per i più audaci ed esperti. Pochi osano infilare Teahupoo, ancora meno ne escono in piedi; la sua potenza e la sua velocità la rendono l’onda più difficile del mondo.
“Come si poteva surfare un’onda così? Era una pazzia!”. La leggenda del surf Dylan Longbottom c’era quel 27 di agosto del 2011 a Tahiti, durante il Campionato del mondo di Surf (WSL). Quel giorno si alzarono le onde più alte mai viste a Teahupoo, che raggiunsero i 10 metri di altezza, il doppio del solito. La Marina Nazionale Francese aveva assegnato alla zona un doppio codice rosso: vietato entrare nell’acqua, pena l’arresto. L’onda arrivava furiosa.

QUI SOPRAVVIVE IL ‘TOW-IN SURF’

Sono dieci anni che il “tow-in-surf” è passato di moda. Questa pratica consiste nel trasportare il surfista fino all’entrata dell’onda con dele moto d’acqua, “jet ski” e persino con elicotteri. In questo modo si dà una spinta tale da permettere manovre ancora più spettacolari. Ma a Teahupoo, dato il suo impeto, continua ad essere un “must”.
Per alcuni dei partecipanti al campionato, questa prospettiva non faceva altro che aumentare in loro la voglia di cavalcare quell’onda, nonostante la paura. “Era terrificante, potevamo morire lì sotto”, assicurava Longbottom. Nonostante i timori e disobbediendo alle istruzioni fornite dalle autorità, lui e altri intrepidi si tuffarono in mare. “Surfare quell’onda e uscirne illeso è un’esperienza che non ha prezzo”, confesserà il surfista una volta terminata la giornata che è rimasta nella storia del surf. Ciò che accadde lì, quel giorno, fu un momento così epico da portare alla creazione del documentario “Código rojo” . Pipeline (Hawaii) e Mavericks (California) rappresentano altre onde famose anche se non paragonabili a Teahupoo, per via della sua forma e della sua pericolosità. Il nome significa “muro di teschi” e proviene da un antico re tahitiano, temuto per la sua passione di collezionare teste. Teahupoo nasce vicino al canale di Havae, 70 chilometri a sud-est di Papeete, la capitale di Tahiti. Lì, a 700 metri al largo, si rompe su una scogliera di corallo a forma di mezzaluna che controlla da vicino i surfisti che la sorvolano.

TAHITI, LA CULLA DEL SURF

Nel 1788 James Morrison, disertore della famosa nave HMS Bounty, scriveva degli abitanti di Tahiti: “prendono una tavola(…) e nuotano fino al punto in cui nasce il moto ondoso, aspettano che si formi un’onda, (…) e, avvicinandosi, si mettono sulla cresta (…) e si lasciano trasportare a una velocità straordinaria”.
La profondità dell’oceano passa bruscamente da 45 metri a 1,5 e crea un’onda così aggressiva da avere più tubo che parete, con una lunghezza che va dai 50 ai 150 metri. Di fatto, la peculiare anatomia di questa onda, costituita esenzialmente da un tubo, non permette nessuna manovra. Teahupoo si trasforma in uno “show”. Durante la stagione, attorno a essa si forma una flotta di imbarcazioni, tavole, moto d’acqua e perfino chioschetti improvvisati in mare. E’ una battaglia navale in cui si lotta per mantenere la posizione migliore: i surfisti aspettano sulle loro tavole il momento di entrare in battaglia e conquistare la cresta dell’onda; i cameraman e i fotografi si avvicinano al massimo per poter riprendere e scattare le immagini migliori; i turisti ammirano, emozionati, da un gommone ai piedi dell’onda.

Da questa posizione privilegiata osservano i surfisti più sfortunati che non riescono a mantenere l’equilibrio e cadono, subendo la violenza dell’onda e la minaccia della scogliera sotto l’acqua. Quando sono fortunati, restano estasiati dai “riders” che riescono a scivolare sull’acqua fino al termine del tubo, rimanendo in piedi, con il sorriso di chi ha realizzato un sogno e ha conquistato l’onda più estrema di tutti gli oceani.

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